martedì 21 settembre 2010

Che città vogliamo?

Oggi (20 settembre 2010) è apparso su “La Repubblica” un bellissimo articolo di Enrico Franceschini, “La strada globale”, che - non casualmente, perché vuol dire che certe riflessioni sono nell’aria - esprime e sviluppa brillantemente i contenuti di una chiacchierata che poche sere fa ho avuto con alcuni amici, a commento di molti progetti già realizzati e altri al vaglio da parte degli amministratori di molte città italiane, e fra queste anche la nostra, La Spezia.

Scrive Franceschini che “le città occidentali stanno subendo un processo di clonazione che ne cancella gradualmente ogni segno di diversità, originalità, autenticità” e, dalle stesse pagine, rincara la dose Franco La Cecla nel suo articolo“Main street boutiquizzate. Così le città sono meno libere”, quando osserva: “C’è un terribile errore di fondo, quel credere che il consumismo sia l’unica attività pubblica concessa. Senza togliere nulla al consumismo che può essere divertente, la vita dei cittadini è qualcosa di molto più ricco e interessante, non solo l’illusione di vetrine che da sole non creano socialità”.

Le città sono sempre più uguali (come i Club Med e le varie Disneyland) e il rischio è che le specificità culturali e di stili di vita vengano sacrificate a vantaggio di un “paesaggio” urbano che forza i cittadini a comportamenti stereotipati, diseducandoli per di più al piacere della diversità.
Tutto si omologa (si “clona”. come scrive Franceschini) e anche la nostra città ha sacrificato alla “post-post-modernità” la specificità storica e culturale della sua piazza del mercato,  di Piazza Brin e, ben presto, di Piazza Verdi. Tra onde di cemento che grossolanamente alludono al mare, pavimentazioni grigio-perla di false pietre simil-antico, “giochi stereometrici, di carattere classico” e quant’altro, ci troveremo a muoverci in un tessuto urbano dove ci sentiremo finalmente (sic!) cittadini del mondo! Andremo sempre più lontano per trovare le radici di altri popoli, meno industrializzati, meno corrotti nel gusto e negli stili di vita. Andremo a cercare dei veri mercati provando a dimenticare per un po’ l’umiliazione dei “centri commerciali” che nascono ovunque come funghi, anche in città dove la gente – per la crisi economica – è costretta a tirare dignitosamente la cinghia, inciamperemo in qualche sasso di troppo, in una buca a sopresa, come avviene anche nelle nostre nuovissime città, ma almeno sarà un’esperienza culturale, che ci riporterà all’idea che quel che c’è si può anche conservare. Basterebbe un po’ più di amore e di orgoglio identitario per preservare, riparare, valorizzare, invece che fare “piazza pulita”!

Come si legge sui giornali, è in corso una polemica sulla gestione del verde pubblico da parte dell’Amministrazione spezzina: i portavoce comunali si difendono protestando il loro amore per il verde, e ne prendiamo atto. Grazie anche all’azione del “Comitato Salviamo gli Alberi della Cernaia” (composta da privati cittadini e apartitico), è però ormai di dominio pubblico che l’annunciato progetto di riqualificazione di Scalinata Cernaia (che, corre voce, potrebbe interessare anche Scalinata Spallanzani) prevede anche il sacrificio di molti alberi (ca. una sessantina soltanto nella Cernaia) e una non ben precisata nuova “pavimentazione”. Finiremo col vedere un modellino virtuale della scalinata dove il posto degli alberi è indicato da una piccola icona verde: e questo, per un luogo cittadino dove attualmente il verde la fa da padrone?

Non sono un tecnico, ma tengo ad attirare l’attenzione dei miei concittadini su questo genere di problematiche, e a ricordare, per la discussione che spero ne scaturirà, il fatto che l’attuale assetto di Scalinata Cernaia, così com’è, regna da decenni (quasi un secolo) non solo nel nostro immaginario ma anche in quello dei tanti turisti che ne portano a casa la fotografia come souvenir di viaggio. Se andiamo a Parigi, noi stessi, fotografiamo Montmartre o una scalinata qualunque?

Voglio dire: abbiamo la consapevolezza e la maturità per capire che non si può tutto omologare, disciplinare, regolarizzare (leggi: banalizzare), che dobbiamo farci carico anche delle “stranezze”? che dobbiamo investire energie e meritare la scomodità di una cosa bella, di una meraviglia da preservare? Certo, qualche alberello “urbanizzato”, qualche olivo o palma in vaso di coccio è un più facile “arredo urbano”, ma noi in Cernaia abbiamo la NATURA e, come ben suggerisce l’arch. Roberto Venturini in una lettera che sta girando in rete, meglio sarebbe allora non fare gli ipocriti e sostituire le sophorae japonicae con alberi di plastica!

Parliamone, volete?
                                                                                                          Paola Polito   

2 commenti:

  1. ho letto con molta attenzione il post di paola polito e l'ho trovato molto interessante
    mi permetto solo di precisare un punto: la scalinata cernaia non è semplicemente NATURA, è qualcosa di più, è una antura a misura dell'urbano, non una semplice trasposizione in città di quanto si può trovare negli spazi aperti, fuori dalla città
    è una caratteristica rara perchè denota la riuscita simbiosi tra ciò che natura non è più e ciò che natura vorrebbe ritornare
    in merito trovo molto illuminanti le parole di gilles clement sul "terzo paesaggio" ovvero quello spazio dove si mescolano positivamente i caratteri della natura con i caratteri esplicitamente antropici, dopo la natura selvaggia (il "primo paesaggio") e la campagna produttiva (il "secondo paesaggio")
    la cernaia non è un giardino, è una scalinata! è una scalinata costruita con il primo ampliamento urbanistico della città verso monte, sul finire del 1800
    oltre via xx settembre iniziava la collina, totalmente disurbanizzata
    la scalinata si inseriva su un percorso presistente, lo urbanizzava ma in maniera dolce: le costruzioni seguivano l'andamento altimetrico, le gradonate erano lasciate in sterrato, con solo una pietra a sezione quadrata a limitare la pedata, l'arco della scala serviva per lo scolo lungo le due direttive laterali, staccate dai palazzi, gli alberi segnavano la salita e guidavano la discesa
    la cernaia, più che una scala di collegamento è uno spazio pubblico, direi quasi vissuto: panchine messe a metà della scala per sostare un attimo, sotto gli alberi, portoni con piccoli giardini a mò di filtro con la scalinata, con la gente che sale e che scende, sdoppiamenti a rondò prima di accedere alle strade in piano (che bello scegliere sempre lo stesso lato per salire e l'opposto per scendere)
    è vero che l'omologazione odierna interessa soprattutto i centri storici, le matrici di questo cambiamento sono profonde e globali, non facilmente controllabili localmente, ma, mi permetto di notare, qui non è in ballo la teoria dei "non-luoghi" di augè o "l'ovunque disneyland", si tratta di una semplice scelta operativa che non si sarebbe neppure dovuta porre: abbiamo le tecniche e le competenze per risolvere il problema del rifacimento delle fognature della cernaia senza creare problemi all'alberatura, tutto qui!
    ieri sono passato davanti all'istituto mazzini, vicino al ponte della scorza e ho visto (anzi, non visto) un vuoto: gli alberelli intrecciati posti nell'aiuola contro il muretto di confine non ci sono più! chissà perchè?
    anche in questo caso non si trattava di alberi malati! non si trattava neppure di natura tout court, ma di vere e proprie opere d'arte cresciute e curate da qualcuno nel corso dei decenni
    tagliarle è, prima ancora che uno sfregio alla natura e alla cittadinanza, uno schiaffo alla faccia di chi ha curato e "intrecciato" quelle piante
    tagliare queste opere d'arte è semplicemente ignoranza, l'ignoranza di chi non sa che una cosa del genere ha bisogno della natura per crescere e della sapienza di un giardiniere per dare piacere estetico
    ha ragione venturini, se davvero pensiamo di non sapere come fare per adeguare le fognature della cernaia se non con un taglio drastico dell'alberatura, allora non solo tagliamo le Sophorae con alberelli in plastica ma pitturiamo anche la nuova pavimentazione di verde, a somigliare un prato d'erba!

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  2. Grazie per il Suo commento. La preghiamo di intervenire al dibattito che si terrà in scalinata Cernaia questo sabato, 2 ottobre.
    Con NATURA volevo sottolineare che gli alberi della Cernaia, in termini di rigoglio, utilità e affezione cittadina, costituiscono ormai molto di più di un semplice decoro urbano. D'accordo con quanto ha voluto precisare, condivido anche la Sua visione della scalinata, che va senz'altro preservata nei sui tratti specifici, funzionali ed estetici. Credo che anche il legame psicologico con il paesaggio urbano debba essere preso in esame in un progetto di riqualificazione.
    Paola Polito

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